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dai GIORNALI di OGGIPd, il "rebus Puglia" di Pietro Spataro a proposito dell'Articolo sull'Unità del 16/08/2009 , relativa a : "Pd, il "rebus Puglia" e la partita dei 4 moschettieri senza macchia" presento la mia Proposta del Quinto Candidato 2009-08-14 |
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a proposito dell'Articolo sull'Unità del 16/08/2009 , relativa a :
"Pd, il "rebus Puglia" e la partita dei 4 moschettieri senza macchia"
presento la mia Proposta del Quinto Candidato
Per. Ind. Dalessandro Giacomo
ETA' 63 anni
FAMIGLIA Sposato da 32 anni, 2 Figli
LIBRO Internet (Lavoro,Stampa,Tecnica,Politica,Religione...)
FILM TV RAI
MUSICA Canzoni Tradizionali e Belle fino ad oggi,Italiane,Napoletane
PERSONAGGIO POLITICO Berlinguer,Pertini,Prodi
POLITICA PSI 1974-'77, PD 2009, Votante PSI 'fino a'77, PCI ' da 78 fino a 2009
Esperienze Dipendente 32 anni, Imprenditore 10 Anni, Libero Profess. 8 anni, Sindacalista 6 anni
LA FRASE Come la Liberazione e Compromesso Storico, per Governare, insieme con i Lavoratori, Imprenditori, Pensionati, Studenti, Famiglie ed Indifesi, l'Italia Unita e il Mondo di oggi, per il Figlio dell'Uomo e per costruire insieme il Futuro di Pace con Amore, Fraternità, Condivisione, Sviluppo, Libertà, Ugualianza, Legalità.
Nel rispetto delle 4 candidature, abbinate ciascuna ad un Leader Nazionale, ma soprattutto nel Rispetto dello Statuto del Partito, persisto nella mia proposta alla Candidatura a Segretario Nazionale, passando ovviamente dal dibattito Regionale, se avrò la capacità di coinvolgere la base e soprattutto gli elettori, a cui chiedo di iscriversi al PD per sviluppare insieme un dibattito partecipato ed elaborare un programma di iniziative e proposte politiche per l'Italia, le Imprese, i Lavoratori, Pensionati, Famiglie, Studenti, per dare così forza alla Voce che sarà eletta, e proposta concreta da praticare da subito, aperta e con la partecipazione di tutti, non monca e non costruita dai consensi dell'Apparato, visto come si presenta attualmente per la chiusura dei termini di iscrizione prima dello sviluppo del dibattito congressuale.
Inoltre, al di la delle innegabili energie, dedizioni e preparazione dei concorrenti ufficiali, non posso pensare che quello che spero sia, oltre che il nostro Segretario Regionale anche il futuro Segretario Nazionale, aspirazione alla quale non rinuncio neanche come Pugliese, Meridionale e Italiano, dichiarando di non essere secondo ad alcuno se non dopo la proclamazione che sarà decretata dal sovrano dibattito congressuale, non vedo in nessuno dei quattro citati, eccetto che in Emiliano in virtù della sua comprovata esperienza antimafia nonché di sindaco, un esponente di spessore tale da rappresentare il PD.
Questo non tanto per il Partito attuale e per quello che per il PD essi degnamente anche più di me rappresentano, ma soprattutto per coinvolgere tutto il Paese Italia, senza il cui consenso il Partito Democratico non potrà più tornare al Governo dei Paese.
Inoltre, pur nel pieno rispetto della Personalità ed individualità delle Persone, non è pensabile avere a Segretario del Partito che si candida a governare il Paese Italia, ricostruitosi dopo la liberazione con il contributo dei Cattolici e dei Comunisti, oltre i piccoli partiti, uno Gay (l'unica eccezione forse potrebbe essere Vendola per la sua correttezza, dialettica, professionalità, maturazione politica, ed accettazione oggi dopo una esperienza e visibilità politica conquistata sul terreno, ecc.), senza voler fare discriminazione alcuna, ma per il singolo motivo che la maggioranza del paese è cattolica al 90%, e pertanto in democrazia conta chi ha i numeri, lasciando comunque le libertà intangibili personali.
Questo non significa che non c'è la libertà individuale, ma come esiste un orgoglio GAY, esiste una stragrande maggioranza di Cattolici che credono e vivono la famiglia naturale, lasciando le libertà individuali, così come Dio ha lasciato il libero arbitrio all'Uomo.
Prima di tutto vengono quindi i problemi reali ed essenziali per l'Italia, Unità, Lavoro, Scuola, Formazione, Sanità, Pensioni, Ambiente, Energia, Trasporti, Economia, Giustizia, Pace, Convivenza, Fraternità, Ugualianza, ecc. e su questo penso siamo tutti d'accordo, poi per le libertà individuali, lo schieramento non può essere più quello di partito ma è trasversale.
Se il PD non si apre al pieno rispetto della democrazia, per cui il segretario non può essere eletto dal Congresso su candidati di nomina dell'Apparato, così come risulta attualmente con l'applicazione del centralismo democratico, tutte le belle parole, programmi e proposte resteranno incompiute, così come sono state quella della sinistra estrema dei Governi Prodi, tanto da provocarne la caduta anticipata, consentendo poi alla Destra di stravincere con azioni ed interventi concreti del tutto opposti a quello che la Sinistra estrema predicava e dichiarava di volere (carpendo voti inutili ad elettori onesti e vogliosi di concretezza, e non parole senza seguito). Infatti la Destra ha attuato:
La lega ha la memoria corta che nell'Europa unita l'Italia delle Regioni fu bastonata all'indomani della abolizione del Ministero dell'Agricoltura, che l'Italiano è sorto dopo quindici secoli di storia dei dialetti, che Dante, il Manzoni hanno scritto i loro capolavori in Italiano, che il Verdi ha composto le sue musiche pensando da Italiano all'Europa come il Mazzini.
Nel frattempo le Banche hanno spadroneggiato con i tassi di sconto alle aziende, con gli interessi alti, si sono ristabilite, e loro si, insieme alle Finanziarie stanno per uscire dalla Crisi pagata solo dal Popolo.
Assoluto dispregio della RAI per la riduzione ed impoverimento dei programmi estivi, in dispregio delle decine di milioni di pensionati e cittadini che non vanno in ferie, piena defaince dei telegiornali pubblici domenicali e festivi che non trasmettono prima delle otto, lasciando spazio completo all'informazione singola di Mediaset.
Nessun intervento per la democratizzazione dell'informazione, non imponendo a priori l'informazione corretta e veritiera delle notizie (pena la decadenza dall'ordine dei giornalisti), distintamente dal commento personale. Nessun accenno alla liberalizzazione dell'Informazione, per consentire a chi non è giornalista di poter dire la sua, purchè iscritto ad ordine professionale che ne controlli la deontologia.
Distinti Saluti
Per. Ind. Giacomo Dalessandro
Dal Sito Interne de
L'UNITA'
per l'articolo completo vai al sito Internet
http://www.unita.it2009-08-14
Pd, il "rebus Puglia"
di Pietro Spataro
LE SCHEDE DEI CANDIDATI
LE SCHEDE DEI CANDIDATI
Prima storia: "Tutte le domeniche mia nonna mi chiamava: Sergio, sveglia, ci sono quelli de l’Unità, devi andare. Era presto ma si andava, a bordo di un motorino mezzo scassato, a diffondere il giornale e a parlare con la gente, ad ascoltare i problemi e a sollecitare le speranze". Seconda storia: "Quel giorno il vescovo di Molfetta Antonio Bello fece un’omelia durissima contro la Dc. Avevano appena ucciso il sindaco che si era ribellato al patto con la criminalità. Forlani quasi fuggì dalla chiesa durante i funerali. Lì è cambiata la mia vita". Terza storia: "Sono stato nascosto per anni, avevo paura di me e del mio orientamento sessuale. Poi nel 2002 ho avuto coraggio, mi sono liberato e ho varcato il portone dell’Arcigay. È cominciata allora la mia battaglia per la libertà e i diritti di tutti". Sergio Blasi, Guglielmo Minervini e Enrico Fusco si presentano così. Sono loro, con le loro piccole grandi storie, a contendersi la poltrona di segretario regionale del Pd in Puglia. Il quarto contendente è un signore che è il più noto di tutti: Michele Emiliano, ex magistrato, memoria storica dell’antimafia pugliese, simbolo della primavera di Bari. Quattro vicende che si intrecciano e affondano nella storia d’Italia e che sembrano lontane anni luce dalle sabbie mobili delle inchieste giudiziarie che stanno toccando anche il Pd. È il paradosso di questa terra, che è stata la patria del comunista Giuseppe Di Vittorio e del democristiano Aldo Moro. "Non c’è dubbio – commenta l’economista Gianfranco Viesti – il Pd ha messo in campo quattro belle figure". Massimo D’Alema, la cui ombra qui in Puglia si trova in ogni angolo, una volta perché è il bene assoluto e un’altra perché è il male altrettanto assoluto, deve averci scommesso su quelle storie. E infatti solo una settimana fa si è presentato a Bari e ha sentenziato: "Il Pd in Puglia non è un’associazione a delinquere". Qualche giorno dopo il suo braccio destro Nicola Latorre ha aggiunto: "Non c’è nessuna questione morale". Eppure nei corridoi della politica qui a Bari non tutti sono convinti di questo esito. E qualcuno sussurra senza esporsi troppo: "Vedrete che a settembre si ballerà… ". Sergio Blasi è l’uomo di D’Alema. Si porta addosso questa "croce" con grande nobiltà. Ha una bella storia alle spalle: figlio di emigranti, ha scelto da piccolo di non a andare in Svizzera e di restare a Melpignano con la nonna. Qui ha studiato, si è iscritto alla Fgci, è stato assessore, da quasi dieci anni è sindaco. Lui è l’uomo della Taranta, una delle più belle invenzioni culturali della Puglia. "Eccomi, sono l’esatto contrario dello stereotipo del dalemiano – dice, con lo sguardo annebbiato da una retinite pigmentosa nella sua stanza che guarda il mare – Non vengo dall’apparato, mi sento stretto in quei corridoi. Quando D’Alema mi ha chiamato mi ha detto: dobbiamo dare un segnale di innovazione. Per questo ho accettato". Ha in testa un partito organizzato, che stia dentro la società, per niente leggero. "La mia è un’idea antica ma non vecchia. Voglio interpretare una storia guardando al futuro, la politica non può essere malata di Alzheimer", spiega. Guglielmo Minervini viene dal volontariato cattolico, oggi è assessore in Regione, uno dei pochi sopravvissuti al repulisti di Vendola ed è l’avamposto di Franceschini a Bari. Anche lui ha alle spalle una bella storia (esponente di Pax Christi, è stato sindaco di Molfetta a soli 32 anni) e ritiene che Blasi sia una brava persona. Punto. Però ce l’ha con D’Alema. "Meglio, ce l’ho con il dalemismo – dice con fermezza – con quello che i suoi producono in Puglia. Fosse stato per loro Emiliano e Vendola non sarebbero mai stati candidati". Il dalemismo per lui è il brutto del Pd: è quell’essere troppo "sensibili al potere e alle lusinghe della gestione". "Io voglio un Pd espressione della società", dice. E se gli si fa notare che anche Blasi pensa la stessa cosa risponde: "Il problema non è Blasi, è la sua autonomia… ". Povero Enrico Fusco, finito in mezzo a questo duello che a volte sembra solo il riflesso di vicende nazionali. È il più giovane dei tre, avvocato civilista, gay dichiarato solo da qualche anno, un passato ("da dimenticare", dice) nel Partito Radicale, poi iscritto ai Ds. L’uomo scelto da Ignazio Marino sa che la sua è una lotta impari. "Diciamola tutta: Blasi e Minervini li hanno scelti per mettersi un bel vestito. Dietro di loro ci sono sempre i capibastone. Basta vedere come sono aumentate le tessere… ". Dati non se ne trovano, ovviamente. Si sa solo che Ds e Margherita insieme avevano quasi 65 mila iscritti e oggi ne restano appena 49 mila. Ma avevano anche il 36% dei voti nel 2005 e oggi il Pd è inchiodato al 21%. Ma Fusco insiste: "Bersani e Franceschini vogliono un partito che difenda le rendite di posizione". Questi tre moschettieri combattono la loro battaglia su una montagna di atti giudiziari che sembra ogni giorno sul punto di franare. Ma tutti e tre sono convinti che Vendola sia una "figura cristallina" e che vada ricandidato. Semmai il problema è aver perso tempo. "Le risorse pubbliche sono sacre – dice Blasi - e chi non la pensa così non può stare nel Pd". Aggiunge Minervini: "Vendola è stato vittima della sua ingenuità". Fusco è ancora più duro: "Si sapeva tutto, perché si sono scelte certe persone?". La Puglia è qui, come sospesa tra il vecchio e il nuovo. E non c’è dubbio che questi tre quarantenni dalla vita pulita saranno in ogni caso l’unica speranza per salvare il Pd. Chiunque vinca dei tre. O dei quattro, considerando la candidatura, politicamente ingombrante, di Michele Emiliano. Per catturare il suo consenso nell’ultimo mese si è combattuta una guerra senza esclusione di colpi tra Franceschini, Bersani e Marino, si è tentato anche di farne un candidato unitario ma senza successo. Alla fine il sindaco ha deciso di restare in campo, anche senza mozione. Ma sarà così fino alla fine? Più di uno a Bari giura di no. "Sta cercando una via d’uscita" dice un esponente della mozione Franceschini. Lui sorride e dice di no: "Si va avanti". Ma poi lascia intendere che, se si riesce a costruire uno "schema nuovo"… I bene informati sono convinti che lo schema nuovo alla fine sarà un vantaggio per D’Alema: il sostegno a Sergio Blasi. E, forse, prevederà anche la candidatura del sindaco di Bari alle regionali del prossimo anno e qualche chanche per Minervini di prendere il suo posto a Palazzo di Città. Per il sindaco della Taranta, in questo caso, la strada sarebbe spianata. A quel punto avrà però un bel compito: tenere insieme, dentro questo strano Pd, le altre belle bandiere della disfida di Puglia.
14 agosto 2009
CORRIERE della SERA
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Sergio Blasi, Guglielmo Minervini e Enrico Fusco si presentano così. Sono loro, con le loro piccole grandi storie, a contendersi la poltrona di segretario regionale del Pd in Puglia. Il quarto contendente è un signore che è il più noto di tutti: Michele Emiliano, ex magistrato, memoria storica dell’antimafia pugliese, simbolo della primavera di Bari. Quattro vicende che si intrecciano e affondano nella storia d’Italia e che sembrano lontane anni luce dalle sabbie mobili delle inchieste giudiziarie che stanno toccando anche il Pd. È il paradosso di questa terra, che è stata la patria del comunista Giuseppe Di Vittorio e del democristiano Aldo Moro. "Non c’è dubbio – commenta l’economista Gianfranco Viesti – il Pd ha messo in campo quattro belle figure". Massimo D’Alema, la cui ombra qui in Puglia si trova in ogni angolo, una volta perché è il bene assoluto e un’altra perché è il male altrettanto assoluto, deve averci scommesso su quelle storie. E infatti solo una settimana fa si è presentato a Bari e ha sentenziato: "Il Pd in Puglia non è un’associazione a delinquere". Qualche giorno dopo il suo braccio destro Nicola Latorre ha aggiunto: "Non c’è nessuna questione morale". Eppure nei corridoi della politica qui a Bari non tutti sono convinti di questo esito. E qualcuno sussurra senza esporsi troppo: "Vedrete che a settembre si ballerà… ". Sergio Blasi è l’uomo di D’Alema. Si porta addosso questa "croce" con grande nobiltà. Ha una bella storia alle spalle: figlio di emigranti, ha scelto da piccolo di non a andare in Svizzera e di restare a Melpignano con la nonna. Qui ha studiato, si è iscritto alla Fgci, è stato assessore, da quasi dieci anni è sindaco. Lui è l’uomo della Taranta, una delle più belle invenzioni culturali della Puglia. "Eccomi, sono l’esatto contrario dello stereotipo del dalemiano – dice, con lo sguardo annebbiato da una retinite pigmentosa nella sua stanza che guarda il mare – Non vengo dall’apparato, mi sento stretto in quei corridoi. Quando D’Alema mi ha chiamato mi ha detto: dobbiamo dare un segnale di innovazione. Per questo ho accettato". Ha in testa un partito organizzato, che stia dentro la società, per niente leggero. "La mia è un’idea antica ma non vecchia. Voglio interpretare una storia guardando al futuro, la politica non può essere malata di Alzheimer", spiega. Guglielmo Minervini viene dal volontariato cattolico, oggi è assessore in Regione, uno dei pochi sopravvissuti al repulisti di Vendola ed è l’avamposto di Franceschini a Bari. Anche lui ha alle spalle una bella storia (esponente di Pax Christi, è stato sindaco di Molfetta a soli 32 anni) e ritiene che Blasi sia una brava persona. Punto. Però ce l’ha con D’Alema. "Meglio, ce l’ho con il dalemismo – dice con fermezza – con quello che i suoi producono in Puglia. Fosse stato per loro Emiliano e Vendola non sarebbero mai stati candidati". Il dalemismo per lui è il brutto del Pd: è quell’essere troppo "sensibili al potere e alle lusinghe della gestione". "Io voglio un Pd espressione della società", dice. E se gli si fa notare che anche Blasi pensa la stessa cosa risponde: "Il problema non è Blasi, è la sua autonomia… ". Povero Enrico Fusco, finito in mezzo a questo duello che a volte sembra solo il riflesso di vicende nazionali. È il più giovane dei tre, avvocato civilista, gay dichiarato solo da qualche anno, un passato ("da dimenticare", dice) nel Partito Radicale, poi iscritto ai Ds. L’uomo scelto da Ignazio Marino sa che la sua è una lotta impari. "Diciamola tutta: Blasi e Minervini li hanno scelti per mettersi un bel vestito. Dietro di loro ci sono sempre i capibastone. Basta vedere come sono aumentate le tessere… ". Dati non se ne trovano, ovviamente. Si sa solo che Ds e Margherita insieme avevano quasi 65 mila iscritti e oggi ne restano appena 49 mila. Ma avevano anche il 36% dei voti nel 2005 e oggi il Pd è inchiodato al 21%. Ma Fusco insiste: "Bersani e Franceschini vogliono un partito che difenda le rendite di posizione". Questi tre moschettieri combattono la loro battaglia su una montagna di atti giudiziari che sembra ogni giorno sul punto di franare. Ma tutti e tre sono convinti che Vendola sia una "figura cristallina" e che vada ricandidato. Semmai il problema è aver perso tempo. "Le risorse pubbliche sono sacre – dice Blasi - e chi non la pensa così non può stare nel Pd". Aggiunge Minervini: "Vendola è stato vittima della sua ingenuità". Fusco è ancora più duro: "Si sapeva tutto, perché si sono scelte certe persone?". La Puglia è qui, come sospesa tra il vecchio e il nuovo. E non c’è dubbio che questi tre quarantenni dalla vita pulita saranno in ogni caso l’unica speranza per salvare il Pd. Chiunque vinca dei tre. O dei quattro, considerando la candidatura, politicamente ingombrante, di Michele Emiliano. Per catturare il suo consenso nell’ultimo mese si è combattuta una guerra senza esclusione di colpi tra Franceschini, Bersani e Marino, si è tentato anche di farne un candidato unitario ma senza successo. Alla fine il sindaco ha deciso di restare in campo, anche senza mozione. Ma sarà così fino alla fine? Più di uno a Bari giura di no. "Sta cercando una via d’uscita" dice un esponente della mozione Franceschini. Lui sorride e dice di no: "Si va avanti". Ma poi lascia intendere che, se si riesce a costruire uno "schema nuovo"… I bene informati sono convinti che lo schema nuovo alla fine sarà un vantaggio per D’Alema: il sostegno a Sergio Blasi. E, forse, prevederà anche la candidatura del sindaco di Bari alle regionali del prossimo anno e qualche chanche per Minervini di prendere il suo posto a Palazzo di Città. Per il sindaco della Taranta, in questo caso, la strada sarebbe spianata. A quel punto avrà però un bel compito: tenere insieme, dentro questo strano Pd, le altre belle bandiere della disfida di Puglia. LE SCHEDE DEI CANDIDATI 14 agosto 2009
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